L’ADDIO DI MONSIEUR LE BIATHLON!

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L’arrivo di Martin Fourcade nell’Individuale a PyeongChang 2018.
Ph. Credit: Pentaphoto/Marco Trovati.

In uno dei momenti più delicati del mondo dello sport, Martin Fourcade ha affidato ad un lungo post sulla sua pagina Facebook la decisione di concludere con l’Individuale di oggi a Kontiolahti la sua carriera di biatleta. Proprio sulla pista nella quale 10 anni fa, il 14 marzo 2010, ha vinto la sua prima gara di Coppa del Mondo. Il cerchio si chiude, grazie di tutto Martin.

Oltre ad essere uno degli atleti francesi più vincenti alle Olimpiadi, dove ha vinto cinque medaglie d’oro e due medaglie d’argento, Martin Fourcade è stato un vero e proprio simbolo del biathlon, un atleta in grado capace di far conoscere la disciplina in tutto il mondo. A 31 anni “Le Roi”, come è stato chiamato a lungo sulle piste per la sua imbattibilità, appende così sci stretti e carabina al chiodo dopo una carriera che lo ha visto registrare numeri da campione assoluto: 7 medaglie olimpiche di cui 5 ori, 11 volte campione del mondo individuale (13 in totale), 82 vittorie individuali in Coppa del Mondo e 7 volte vincitore della classifica generale.

Ecco le parole con le quali ha deciso di dare il suo addio al mondo del biathlon:

 

Ci sono decisioni che cambiano la vita,

 Mi sono chiesto spesso se una di queste fosse la prima volta che ho inossato un paio di sci, 30 anni sui Pirenei dove sono nato. Penso di aver semplicemente seguito quel tracciato nella neve disegnato da mio fratello Simon, così come fanno tanti altri fratelli minori a quell’età…Da quel momento sono stato incoraggiato a continuare dalla sensazione che mi dava sciare e dalla felicità di crescere in quell’ambiente straordinario. Mi piaceva. Appassionatamente…

 A poco a poco, grazie ad alcuni incontri decisivi per la mia carriera e grazie alla soddisfazione che mi dava gareggiare, ho iniziato a lasciare il mio segno. Quello che mi ha plasmato come atleta ma soprattutto come uomo. Quello che mi ha permesso di misurarmi, e misurami ancora, di sapere chi fossi. Per costruirmi.

 Da Vancouver a Oslo, affrontando Ole Einar Björndalen, Emil Svendsen, Anton Shipulin, Simon Schempp, Johannes Boe e tutti i miei avversari – troppi da menzionare – ho realizzato i miei sogni e vissuto le emozioni più belle. Ho combattuto e ho vinto. Ho anche sofferto. Sono caduto e mi sono rialzato. Ma soprattutto, sono cresciuto. Con la straordinaria opportunità di vedere crescere anche il mio sport. Dagli straordinari ascolti televisivi al successo popolare delle Coppe del Mondo a Le Grand Bornand, ho vissuto in Francia come altrove una crescita meravigliosa di questa disciplina. Lo sport che amo, a cui ho dedicato buona parte della mia vita, e che in cambio mi ha dato tutto.

 Avrei potuto fermarmi il giorno dopo le Olimpiadi del 2018 con altre tre medaglie d’oro al collo, ma ho sentito il dovere di continuare a seguire quel tracciato. Mi sono sentito parecchio infastidito nella passata stagione, ma quella turbolenza mi ha permesso di crescere ancora di più. Ho dovuto provare questa sensazione di resilienza fino al mese scorso, quando ho vinto altri due magnifici titoli ai Mondiali. Innanzitutto, con la squadra francese. Con Émilien, Quentin e Simon, con Fabien e Antonin. Con tutto il team. Grazie a tutti coloro che sono venuti prima di noi e per tutti coloro che ci seguiranno.

 Tornare indietro per arrivare a questo punto, in questi momenti di felicità condivisa, è stata la più grande sfida della mia carriera. Credo che quest’ultima missione sia stata compiuta, indipendentemente dal risultato di questa stagione. Il mio desiderio di dare il meglio di me stesso e di scalare le montagne è sempre presente, ma la continuazione della mia costruzione come uomo, come padre, deve ora passare attraverso altri percorsi, altri mezzi di espressione.

 La mia passione per il mio sport è intatta. Il mio amore per lo sport in generale, e i valori di superare sé stessi e il rispetto per gli altri che trasmette, è più grande che mai. È in questo universo che voglio continuare a esprimermi, a investirmi, a condividere.

 Quando è il momento di dire addio, commosso ma rassicurato. Ricordo questi luoghi, questi volti, queste emozioni che hanno segnato la mia carriera. I dubbi e le prove che ho superato, i sogni che ho realizzato. Lascio una parte della mia vita alle mie spalle, spinta dallo slancio di tutto ciò che resta da costruire.

 Voglio anche dare di più a coloro che mi hanno aiutato così tanto perché, in vent’anni di biathlon, ho imparato che le nostre relazioni sono una parte determinante di ciò che siamo. Vorrei ringraziare la mia famiglia e soprattutto mia moglie e le mie figlie per i loro sacrifici e l’amore incondizionato. Grazie ai miei genitori per aver accettato le mie scelte, ai miei fratelli per avermi spinto, ciascuno a modo suo, a migliorare. Grazie ai miei avversari e compagni di squadra. Grazie al mio team (allenatori, fisioterapisti, tecnici) per aver investito voi stessi come se ci foste voi al mio posto su questa linea di partenza. Grazie ai miei partner per averlo reso possibile. Ai media per averci accompagnato.

 Infine, grazie a tutti voi, in Francia, Russia, Germania, Norvegia, Repubblica Ceca, Italia e ovunque vi troviate; grazie per avermi incoraggiato, sostenuto, amato. Avete trasformato questa carriera individuale in un’avventura collettiva.

 

È tempo di dire addio. Grazie per questo viaggio.

 Martin.”