La pezza, il buco e il double poling
Che la questione della tecnica classica rivoluzionata dal passo più antico che esista, cioè la scivolata spinta, fosse un nervo scoperto nella stanza dei bottoni della FIS, lo si sapeva da tempo. Tollerato e mal digerito il double poling nelle gare marathon che la federazione mondiale continua a considerare fenomeno marginale, oggi i manager FIS devono misurarsi con l’entrata a gamba tesa (!!) della spinta a braccia anche nelle gare di Coppa del Mondo, che equivale a dire una brutta parolaccia in chiesa. Passi che si spinga per 90 chilometri alla Vasaloppet, ma che nessuno si azzardi a farlo in Coppa, magari preludio di una prova olimpica.
E così, come la notte porta consiglio, anche l’estate con la sua calura ha condotto il grande organo sovrano dello sci mondiale a una decisione nel tentativo di arginare il fenomeno del double poling nelle proprie competizioni. “Bastoni più corti e nessuno spingerà più di braccia”, ha tuonato qualcuno.
La decisione è spiegata nei dettagli nell’articolo redatto da Marco Selle in cui esprime anche un giudizio alla luce di un test da campo.
Tuttavia, se in Coppa del Mondo la gestione dei controlli rientra nelle modalità tipiche di una competizione di alto livello con un centinaio di atleti iscritti, nelle granfondo a tecnica classica gli aspetti legati al controllo della lunghezza dei bastoncini è e sarà piuttosto complicata, vista la necessità di effettuare la misurazione dell’altezza a qualche migliaia di amatori.
Però dai, non facciamo sempre i bastian contrari, in fondo è legittimo che la FIS tenti di porre regole vincolanti nella strenua difesa di qualcosa che ormai non esiste più. E non per scelta ideologica, ma per l’evidenza dei fatti: si va più forte a spingere di braccia che non a menar le gambe.
Avremo fondisti proni e più ingobbiti? Chissà. Dispiace solo che a impedire lo sviluppo si pongano limiti normativi. Non vorrei che la pezza fosse peggio del buco.
Carlo Brena