Alla prossima Marcialonga invernale del 31 gennaio 2016 le donne élite partiranno in testa, con 10 minuti di vantaggio sulla “mandria di bisonti”. Un evento storico, una decisione destinata a lasciare il segno, una scelta che commuoverà le “Marcialonghette” delle prime edizioni che diedero sfoggio di grinta, coraggio e… fantasia, per riuscire a partecipare assieme ai colleghi maschi.
Si narra che nell’antica Grecia la prima rappresentante del gentil sesso a prender parte ad una competizione sportiva lo fece… travestendosi da uomo. Uno stratagemma che le donne che osarono intrufolarsi alle prime edizioni della Marcialonga di Fiemme e Fassa conoscono bene. Le prime presenze furono quelle di Maria Fida Moro, figlia del compianto statista Aldo Moro, e di Gigliola Cinquetti, contattata a Milano dopo la presentazione ufficiale della manifestazione alla stampa. Queste partecipazioni, datate 7 febbraio 1971, sono tuttavia riconducibili a una partenza fuori gara per la prima e ad un ruolo di testimonial per la seconda, nulla che lasci presagire ad un serio impegno sportivo.
Già dalla seconda edizione del 30 gennaio 1972 ci furono i primi tentativi di camuffamento. Due ragazze norvegesi si travestirono da uomini e furono scoperte solamente al traguardo! Nella terza edizione cinque donne furono smascherate da baffi posticci, nella quarta quattro atlete conclusero la prova con false generalità, nella quinta cinque donne vennero smascherate e squalificate.
Apice di quanto accadde in seguito furono le quattordici donne travestite da uomo nella sesta edizione, con un emblematico cartello ad aspettarle all’arrivo: “Marcialonga vietata alle donne: perché?”. Già, perché? Una domanda che qualche mese più tardi trovò risposta, tant’è che alla settima Marcialonga di Fiemme e Fassa la porta sbarrata alle donne si spalancò.
Un’analessi ci porta ad Olimpia, nel 776 a.C. Ai piedi del tempio di Zeus c’è fermento, è in corso la cerimonia d’apertura dei primi Giochi Olimpici. È stata decretata l’Ekecheiria, una tregua sacra in tutta la Grecia. Nessuna donna è presente, né come partecipante né come spettatrice. Persino il fondatore De Coubertin durante la prima Olimpiade moderna si oppose alla loro partecipazione, rispettando la tradizione classica che le voleva escluse. Tuttavia, una greca di umili origini conosciuta come Melpomene, partecipò non ufficialmente correndo eroicamente da sola il giorno successivo. Per notare le prime presenze ufficiali si deve risalire ai Giochi di Parigi del 1900, con un paio di donne comparse in gara.
Una colpa imputabile in parte anche alla letteratura, il romanticismo ottocentesco aveva creato un’immagine stereotipata della donna. Attraverso le pagine dei libri ella veniva rappresentata come un essere malinconico, una creatura fragile e remissiva, eternamente destinata all’obbedienza e al compiacimento dell’uomo, l’opposto dell’immaginario sportivo collettivo, ben più brutale e mascolino.
Vero e proprio spartiacque furono le famigerate Olimpiadi di Berlino del 1936, con lo spettro del nazismo alle porte. Le donne cominciarono ad essere considerate per la prima volta delle atlete, non mere apparizioni o fenomeni da baraccone. A dimostrazione di ciò, fu la prima medaglia in assoluto dell’atletica italiana, che arrivò negli 80 metri ad ostacoli proprio da parte di una donna, l’allora ventenne bolognese Trebisonda Valla, detta “Ondina”.
Da quel momento in poi fu una costante evoluzione, ed ora donne e uomini possono mescolare e valorizzare le proprie abilità innate, qualunque esse siano. Le prime sono in grado di far sfoggio della propria resistenza nello sci di fondo e della forza nel pugilato, i secondi possono dar prova di sensibilità ed espressività nel pattinaggio artistico e nella ginnastica ritmica, senza che qualcuno ci trovi nulla da ridire. Ma non fu un’evoluzione facile, di certo non priva di coraggio, ma difficoltosa, complicata, un’impresa da… Donne!
Ancora nel 1968, nell’anno di grandi cambiamenti e rivoluzioni, la disciplina per eccellenza dei Giochi Olimpici, la maratona, era loro preclusa. Le gesta di Filippide – il giovane ateniese che secondo la leggenda corse fino all’acropoli per annunciare la vittoria dei concittadini e, una volta giunto a destinazione, morì stremato per lo sforzo immane – potevano essere ripercorse solamente dagli atleti maschi. In ambito non olimpico, il caso più eclatante fu quello della maratoneta statunitense Kathy Switzer, che alla Maratona di Boston si iscrisse con l’iniziale del nome ingannando i commissari. I quali, quando si accorsero della sua presenza, cercarono di fermarla rincorrendola “by any means necessary”, anche con l’uso della forza. Non fecero però i conti con l’energumeno che le correva a fianco, il fidanzato della giovane Kathy, Tom Miller, un atleta di lancio del martello che riuscì a proteggerla fino all’arrivo allo stadio, dove venne fermata. La mossa ardita della Switzer non le permise di portare a termine la sua impresa ma lanciò un segnale così forte che nel 1972 la maratona venne aperta alle donne.
Fino al 1977 le donne non erano ammesse alla Marcialonga, la prima vincitrice fu la francese Dominique Robert nel 1978, tutte (o quasi) coloro che ci provarono precedentemente vennero scovate e squalificate. Lo sport è un microcosmo che riflette le problematiche della società e ci sono voluti secoli per far sì che le donne partecipassero alle competizioni sportive o addirittura vi assistessero.
La “Carta Europea dei Diritti delle Donne nello Sport” del 1985, proposta in Parlamento dall’Unione Italiana Sport Per Tutti, fu un significativo passo in avanti nella ricerca di strumenti utili per promuovere la partecipazione femminile alle varie discipline, mettendo in luce, indipendentemente dalle differenze fisiologiche fra i due sessi, le disuguaglianze presenti.
Ne è passata di acqua sotto i ponti, i tempi sono cambiati, ma la voglia di camuffarsi, se non con baffi posticci o escamotage di ogni tipo, pare non lo sia affatto. La norvegese Kristin Størmer Steira, che si è ritirata quest’anno dalla Coppa del Mondo e che vanta un ricco palmarès mondiale ed olimpico, parteciperà alla prossima Marcialonga di Fiemme e Fassa come una normale fondista, senza richiedere una griglia o un pettorale di favore. Una delle conferme più forti del crescente sviluppo delle donne nello sport lo darà la Marcialonga del prossimo 31 gennaio, con la partenza anticipata delle atlete élite, che nella quarantatreesima edizione per la prima volta faranno da apripista. Un grande passo avanti per mentalità e crescita dei valori che fondano qualsiasi disciplina. Lo sviluppo partecipativo delle donne in ambito sportivo, abbinato al loro coraggio, è stato indubbiamente uno dei segnali più forti di emancipazione femminile.
Info: www.marcialonga.it